Associazione Culturale Mediterraneo
Circolo ARCI
via Nettuno, 1
98070 Acquedolci (Me)
Comunicato Stampa
Oggetto: Mostra personale Nino Santomarco alla Casa delle Culture
la prossima Domenica 6 Marzo 2011 aprirà la mostra personale del maestro santagatese, Nino Santomarco presso la Casa delle Culture. La cerimonia di inaugurazione si terrà alla sala consiliare del Comune di Acquedolci dove è in corso la collettiva AcquedolciCarnevalArte.
Mostra personale del pittore Nino Santomarco
luogo: Casa delle Culture
via Vittorio Emanuele II, 3/5
98070 Acquedolci (Me)
data: dal 6 al 31 Marzo 2011
orario d'apertura al pubblico: Tutti i giorni dalle 16.00 alle 20.00
Per le scuole, dietro prenotazione, di mattina.Inaugurazione: Domenica 6 Marzo 2011 alle ore 17.00
luogo: Sala Consiliare del Comune di Acquedolci (Me)
Nino Santomarco è un affermato artista dell'Arte Contemporanea. Pittore, attore, scenografo, giornalista pubblicista, ha collaborato con prestigiose testate giornalistiche: Rai, Ansa,Gazzetta dello Sport, Giornale di Sicilia, l'Ora. E' l'Editore e direttore responsabile della rivista culturale "Il Valdemone". E' stato l'ideatore e il promotore della "Biennale d'Arte Città di Sant'Agata Militello".Ha coperto la carica di Assessore comunale ai Beni Culturali.
Recentemente è stato nominato consulente dell'Amministrazione di Sant'Agata Militello per la rinascente Pinacoteca Comunale. Vive ed opera a Sant'Agata Militello, dove è nato nel 1945.
Dell'opera di Santomarco hanno scritto molti critici. Ne citiamo uno per tutti, Vincenzo Consolo:
“Viviamo, o sopravviviamo, di memoria, della memoria come linfa che ci viene dal passato, che ci nutre nel presente, che ci fa procedere in vista di un qualche lume nella notte del futuro.
Nel mondo d'oggi, in cui la nuova peste è la perdita della memoria e dell'identità; nelle immani fosse comuni che sono le metropoli in cui s'ammassano uguali sagome dalle teste piene di paglia come gli eliotiani uomini cavi; in questa terra desolata, in questo unico, squallido, elettronico grande villaggio. La memoria ancora ci salva, ci fa essere diversi, uguali a noi stessi, ci fa sapere da dove veniamo, chi siamo e dove andiamo. Questo bisogno, questa fame di memoria ci fa cercare oasi come cammelli nel deserto, come naufraghi, isole qua e là affioranti nel mare dell'indistinzione, come pietosi badilanti frammenti, reliquie d'una catastrofe storica e naturale.
Nino Santomarco è un pittore che vive di memoria. Che, nel contagio che ha toccato ormai le nostre più remote e riparate contrade, va cercando con pazienza e con amore quanto sopravvive, quanto ancora è vero e ci viene da lontano.
Cerca, ritrae e cataloga, con quell'appassionata cura dei conventuali che dalle ingiurie del tempo salvavano preziose pergamene in disfacimento.
Cerca e ritrae reliquie di natura e di paesaggio, di fatica, di idilli, di gesti nobili e antichi di quel mondo contadino finito appena ieri. E c'è innocenza, semplicità e candore in quello che fa. Una naivetè né istintiva e né voluta, ma dettata dalla memoria e dal rispetto per la sacralità delle reliquie. Perché egli si è trovato a vivere la sua adolescenza nel momento della Grande Trasformazione: da qui lo struggimento per un passato irrimediabile, l'amore trepido per tutto quanto è superstite.
I suoi colori sono quindi primari, luminosi e puri, le sue linee sono fedeli a quelli dell'oggetto.
Egli non interpreta, ritrae. Ma il suo ritrarre non è il freddo riprodurre la realtà di certi pittori, che gareggiano a volte con la fotografia o volutamente approdano a ribaltamenti di tipo metafisico, il suo ritrarre è insieme ritrarre la realtà e la memoria: immettere cioè ogni volta sulla tela quella commozione provata la prima volta che si è trovato a guardare (e a vivere in) questo mondo”.
Nel mondo d'oggi, in cui la nuova peste è la perdita della memoria e dell'identità; nelle immani fosse comuni che sono le metropoli in cui s'ammassano uguali sagome dalle teste piene di paglia come gli eliotiani uomini cavi; in questa terra desolata, in questo unico, squallido, elettronico grande villaggio. La memoria ancora ci salva, ci fa essere diversi, uguali a noi stessi, ci fa sapere da dove veniamo, chi siamo e dove andiamo. Questo bisogno, questa fame di memoria ci fa cercare oasi come cammelli nel deserto, come naufraghi, isole qua e là affioranti nel mare dell'indistinzione, come pietosi badilanti frammenti, reliquie d'una catastrofe storica e naturale.
Nino Santomarco è un pittore che vive di memoria. Che, nel contagio che ha toccato ormai le nostre più remote e riparate contrade, va cercando con pazienza e con amore quanto sopravvive, quanto ancora è vero e ci viene da lontano.
Cerca, ritrae e cataloga, con quell'appassionata cura dei conventuali che dalle ingiurie del tempo salvavano preziose pergamene in disfacimento.
Cerca e ritrae reliquie di natura e di paesaggio, di fatica, di idilli, di gesti nobili e antichi di quel mondo contadino finito appena ieri. E c'è innocenza, semplicità e candore in quello che fa. Una naivetè né istintiva e né voluta, ma dettata dalla memoria e dal rispetto per la sacralità delle reliquie. Perché egli si è trovato a vivere la sua adolescenza nel momento della Grande Trasformazione: da qui lo struggimento per un passato irrimediabile, l'amore trepido per tutto quanto è superstite.
I suoi colori sono quindi primari, luminosi e puri, le sue linee sono fedeli a quelli dell'oggetto.
Egli non interpreta, ritrae. Ma il suo ritrarre non è il freddo riprodurre la realtà di certi pittori, che gareggiano a volte con la fotografia o volutamente approdano a ribaltamenti di tipo metafisico, il suo ritrarre è insieme ritrarre la realtà e la memoria: immettere cioè ogni volta sulla tela quella commozione provata la prima volta che si è trovato a guardare (e a vivere in) questo mondo”.
Ringraziamo anticipatamente, per l'attenzione.
Cordialmente.
Farid Adly
presidente ACM
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