lunedì 14 gennaio 2013

La natività nelle opere di Paolo De Pasquale

Si è conclusa lo scorso 6 Gennaio, al Palacultura "B. Cattafi" di Barcellona P.G., la mostra "La natività nelle opere di Paolo De Pasquale". L'esposizione era aperta dal 22 Dicembre 2012.


Sito personale dell'artista


 
BIOGRAFIA
Biografia:
Paolo De Pasquale è nato a Castroreale (ME) nel 1952. Successivamente si trasferisce a Rodì Milici e poi ancora a Terme Vigliatore dove oggi vive e lavora. Compie gli studi presso l’Istituto Statale d’Arte di Milazzo e nel 1976  si abilita  all’insegnamento. Attualmente è docente d’Arte applicata presso lo stesso istituto.
Giovanissimo, nel 1966 allestisce la sua prima mostra personale al Circolo Dante Alighieri di Rodì Milici e da allora sono numerose le mostre che presenta all’opinione pubblica ed ai critici. Molte sono anche le partecipazioni ad importanti mostre collettive e concorsi nelle principali città italiane, riscuotendo sempre larghi consensi di critica e lusinghieri riconoscimenti.
Ricordiamo tra gli altrila “XII Ed.del Premio Primavera,1980”in cui gli viene assegnatala “Medagliad’oro città di Foggia” per la grafica.
Nel 1983 gli viene assegnato il “Premio Internazionale della Critica” riservato ai giovani artisti. Dal 1981 è inserito al Kunsthistoriches Institut in Florenz (archivio per l’arte italiana del novecento, Firenze).
I primi anni ottanta lo vedono protagonista di numerose manifestazioni culturali di cui è un instancabile operatore. Collabora con Editori e, per le Edizioni del Paniere di Verona, ha illustrato alcune copertine dei classici. Numerose anche le sue copertine per libri di poesia e saggistica.
Sue opere fanno parte di collezioni pubbliche e private in Italia, Stati Uniti, Svizzera e in particolare presso la Civica Galleriad’Arte Contemporanea Siciliana di Rodì Milici (ME), di cui è Direttore Artistico.

Fuga in Egitto - Acrilico su tela - 1998

PER  I  QUARANT’ ANNI DI ARTE
DI PAOLO DE PASQUALE

        (…) qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza
               ed è  l’odore dei limoni.
E. Montale
di Sebastiano Saglimbeni
Sono trascorsi circa quarant’anni da quando Paolo De Pasquale,  scelse di curare e sviluppare quelle basi canoniche d’obbligo acquisite durante gli anni scolastici  per il conseguimento del diploma di licenza media. Ma c’erano  in lui delle premesse che erano nei segni di una innata passione creativa. Perché artista o poeta si nasce, nascitur,  scriveva nel Settecento  Giovanni Meli; si può pure, non è escluso,  diventare.
Non si contano i  confronti di De Pasquale con artisti della Sicilia e del Nord Italia e le mostre collettive e  personali. Non, comunque,  De Pasquale una voce celebrata e come tale estesa o in ore omnium come quella,
ad esempio, di un Guttuso, di un  Vedova e di un Treccani, ma intesa da poeti e da  buoni lettori. Questo conta parecchio. Credo che siano stati proprio alcuni poeti, i quali sanno leggere acutamente e liberamente la scrittura d’arte, ad intendere l’esordio del pittore nato a  Castroreale nel 1952 , rodiese di adozione e oggi residente a Terme Vigliatore, in provincia di Messina.
Carmelo Aliberti, poeta e  saggista, negli anni ‘70 interpretò con un’ attenta lettura  le proposte d’arte lineare, non ancora avanzata o sofisticata, si fa per dire, di De Pasquale. Pure, Melo Freni, poeta, scrittore e regista, fermò le sue impressioni convinte sull’esordio dell’artista.
Io conobbi De Pasquale, partecipatomi da Aliberti nei primi anni ottanta. In quegli anni, Aliberti aveva fondato un periodico di letteratura che, come  tanti, chiuse battenti. De Pasquale vi collaborava, come grafico e come illustratore, mentre Aliberti  vi scriveva testi di recensioni  ed altro.
E qui l’incipit di De Pasquale, pure uomo attento e dalla sagacia contadina, in quanto non cadde, non cade nelle reti  di sedicenti galleristi.  Un incipit di una linearità figurale, si accennava sopra, non una irregolare vocazione, orientata verso il suo mondo contadino, verso la sua terra nelle varietà stagionali dell’area tirrenica  con i suoi naturali  e suggestivi quadri, tante volte recati, ripresi dal vero, in altri quadri da artisti. Quella creatività lineare, negli anni novanta, venne via via mutando in luogo di tesi più personalizzate,  aperte a certi principi neo-figurali, ma senza l’omissione, come base, della terra e di certi prodotti
della terra, i limoni, come presenze umane, di natura muliebre.
I limoni, che non escono dalla grande isola siciliana,  i limoni, come simbolo, come seni di donne,  dentro una cattività isolana, ancora offese. Le figurazioni, che riprendono questo agrume, inteso da un poeta come Eugenio Montale, si leggono su tele dalle varie dimensioni o su carte semplici, ora presso lo studio dell’artista o da privati  ed amici collezionisti.
Conosco chiaramente diverse di queste tele e carte dove il frutto si legge giacente, derelitto,  a terra con sopra uno sfondo di cielo plumbeo o luminosissimo, secondo i momenti psicologici dell’artista. Non solo su tele e carte,  supporti più di consumo, i segni artistici di De Pasquale, ma pure su un materiale, l’ardesia, non più funzionale e, come tale, ridotta in frammenti dalle svariate stranissime forme che paiono casuali proposte d’arte astratta. Su questi frammenti recuperati,  a mo’ di certi artisti della pop art americana, De Pasquale vi appone, animandoli, i suoi segni e i  suoi colori, i nostri colori mediterranei. Sì, ancora la figurazione di inizio, ma nuova, dirompente, sebbene, vagamente, qualche volta, sulla linea della lezione  guttusiana.
C’è pure,  fra la tanta produzione di De Pasquale, certa ricerca che ammicca ad un astrattismo intelligente, razionalizzato, che  proviene da uno studio  sperimentato e da un insegnamento, quello che pure svolge De Pasquale, dopo l’umiliazione delle attese e del precariato.
Io ho dedicato alcune mie letture agili a De Pasquale, ma l’ho inteso meglio  quando ho ricorso, per due volte, al testo poetico ( Per una espressione d’arte; Per i limoni diPaolo De Pasquale), per meglio intendere questa sua espressione, in qualche modo, comune ispirazione, laddove più ricorre a certo indugio sensualistico, quello nelle riprese ostinate, compiacenti delle immagini muliebri, di una autentica carnalità solare, antica, contadina.


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