Lo scorso Sabato 10 Ottobre 2015, si è svolta alla Casa delle Culture la Giornata del Contemporaneo, evento nazionale indetto dall'AMACI.
Per tutta la giornata la Casa delle Culture (via Vittorio Emanuele II, 3/5 - 98070 Acquedolci (Me)) è rimasta aperta al pubblico per ammirare le opere della rassegna d'Arte "Mediterraneo senza confini". 23 artisti di tutto il Mediterraneo hanno esposto le loro opere, che per il prossimo mese di Novembre andranno a Milano, all'ex Fornace (zona Navigli, la Movida milanese. Inaugurazione Mercoledì 4 Novembre 2015 alle 18.30 e poi cena sociale al Ristornate La Magolfa.)
Alle ore 18.00 si è tenuta una conferenza sul tema: "Il Sistema dell'Arte Contemporanea in Italia, oggi". Due i relatori: il presidente di ACM, Ing. Farid Adly e il maestro Nino Santomarco (nella foto).
Ecco il testo integrale del primo intervento esposto dal presidente dell'ACM:
Intervento
introduttivo
dell'Ing.
Farid Adly, presidente ACM,
alla
Giornata del Mediterraneo
Casa
delle Culture – Acquedolci (Me)
Presentata
ieri a Roma nella Sala della Crociera del Ministero
dei beni e delle attività culturali e del turismo,
alla presenza del Ministro
Dario Franceschini,
l'Undicesima
Giornata del Contemporaneo,
la grande manifestazione che si svolge oggi sabato
10 ottobre,
in tutta Italia.
Organizzata
ogni
anno da
AMACI,
l'Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani, la Giornata
del Contemporaneo porta l’arte del nostro tempo al grande pubblico,
inaugurando ufficialmente la stagione dell'arte contemporanea.
Quest'anno sono
959 le realtà che hanno aperto gratuitamente le loro porte in tutta
la penisola,
presentando artisti e nuove idee attraverso mostre, laboratori,
eventi e conferenze.
Dal
2005 a
oggi la Giornata
del Contemporaneo si
è conquistata un’attenzione particolare da parte del grande
pubblico e degli addetti ai lavori per l’importante ruolo che ha
saputo svolgere per la promozione
della cultura contemporanea.
Le adesioni sono cresciuti negli anni (dai 207
del 2005 ai
942
del 2014,
passando per i 1050
del 2010)
di pari passo con la partecipazione
del pubblico (dai
97.000
visitatori delle prime edizioni ai
circa 230.000
delle ultime).
In dieci anni la Giornata del Contemporaneo ha permesso infatti di
concretizzare una mappa
dell’arte di oggi che
ha coinvolto non soltanto le grandi
città ma
anche i centri
più piccoli,
da sempre molto attivi, dove i musei
hanno
assunto il ruolo di poli
culturali con la missione di presentare e valorizzare l’attività
degli artisti contemporanei.
Qui alla Casa delle Culture, questo è il secondo anno di nostra
partecipazione alla Giornata. E lo facciamo coscienti e allo stesso
tempo fieri di due fatti: la nostra associazione compie in questo
mese i suoi 15 anni; l'altro fatto positivo è la certezza che passi
positivi si stanno compiendo per la realizzazione del MAC-Nebrodi,
alla stazione ferroviaria di Acquedolci.
La vostra presenza numerosa, di gente qualificata, colta e
affezionata all'arte ed alla cultura rafforza in noi l'intento
iniziale con il quale abbiamo avviato i nostri primi passi:
promuovere la Cultura, rafforzare il volontariato, educare i giovani
alla legalità ed al bello, ridare dignità all'essere umano che
abita in ciascuno di noi.
In questo solco, organizziamo oggi la Giornata del contemporaneo, per
legare il locale al globale e tentare di sprovincializzare la visione
predominante nelle nostre società.
In un recente incontro organizzato dalla Homo Faber, ho avuto
occasione di avanzare proposte su livello locale, per uscire
dall'impasse. Oggi vorrei presentarvi due esperienze culturali del
nostro territorio che hanno inciso positivamente sull'Arte di questi
territori. Una è la Galleria “Il Capitello” del nostro amico,
maestro Pietro Cordici. L'altra è la Biennale di Sant'Agata degli
anni '90, fortemente voluta e portata a termine per ben quattro edizioni,
il nostro amico e maestro Nino Santomarco è stato uno dei principali
artefici di quella gloriosa iniziativa. Queste due esperienze ci
dicono due cose: non si costruisce nulla sul niente. Chi non ha
memoria non avrà futuro. Il secondo insegnamento è che mettere
insieme le forze, coalizzarsi all'interno di una sana competizione
non può che portare bene alla collettività.
Ma prima di dare la parla ai nostri due relatori ospiti, vorrei
premettere con questa mia relazione sul “Sistema dell'arte
contemporanea in Italia, oggi”. Questa costruzione dell'incontro di
oggi ci permetterà poi di affrontare tutti insieme l'arduo compito
nel nostro territorio, cioè, “Che fare?”
Il sistema dell'Arte contemporanea è una macchina complessa, che ha
tanti attori e diversificate strutture. L'artista ed il suo pubblico
sono stati ridotti in realtà, nell'ultima metà del secolo passato
ed a livello internazionale, a delle semplici pedine. Questo sviluppo
si è reso obbligatorio per lo spostamento dell'interesse verso
l'arte dalla sfera culturale a quella di mercato e nelle ultime
decadi, all'interno di questa trasformazione capitalistica, dal
collezionismo per passione alla speculazione.
Andiamo per ordine.
Il primo tentativo di disciplinare il sistema dell'arte è stato in
Francia nel 1803, con la costituzione della 'Acádemie des Beaux
Arts, sulle ceneri di cinque accademie reali istituite nel XVII
secolo; suo compito istituzionale era la difesa della teoria estetica
e legittimava così lo status d’artista. La conseguenza di ciò era
un potere da parte dei suoi membri ufficiali su tutti gli aspetti
dell’arte. Tra i suoi membri venivano eletti gli insegnanti
dell’École des Beaux Arts e il direttore dell’Acádemie de
France a Roma, elargiva una borsa di studio molto ambita per il
soggiorno di studio di un anno nell’Urbe (Prix de Rome). In più
gli accademici selezionavano i dipinti e le scultore degli artisti
viventi da far acquistare ai musei. Lo statuto accademico vietava
agli artisti ufficiali di fare direttamente commercio nei loro studi,
perciò le loro opere erano vendute in occasione del Salon o tramite
mercanti titolari di gallerie. L’artista, in definitiva, doveva
sottostare al gusto dell’epoca, condizione necessaria per poter
essere invitato al Salon che si teneva ogni anno al Louvre.
Anche le mostre sembra che siano un'invenzione francese del 18esimo
secolo. Ma era rimasto il Salon, la sede ufficiale per la
consacrazione del successo di un artista, che poteva così aspirare
all'acquisto delle sue opere da parte della borghesia. Quel sistema
era però chiuso, perché assoggettato al potere politico. Sono nati
così i salon simil-alternativi per ospitare le opere rifiutate in
quello ufficiale. Bisogna aspettare il 1876, per vedere le prime
mostre indipendenti, ad opera del fotografo Nadar che ospitò una
collettiva di quelli che poi divennero gli impressionisti. Quel
passaggio al privato ha aperto la strada alla nascita di una nuova
figura: il mercante di opere d'arte. Questo sviluppo ha permesso
anche di consolidare il collezionismo, che poi nel ventesimo secolo
oltre al piacere di detenere e ammirare un'opera d'arte nella propria
dimora o ufficio, ha aggiunto la dimensione della speculazione
economico-finanziaria. In quest'ultima deriva, l'opera d'arte perde
il suo valore estetico per diventare un bene di consumo. La
motivazione di decidere di comperare o vendere un'opera d'arte trova
sua origine nelle curve della quotazione di mercato e nella necessità
di abbassare il livello di rischio finanziario. L'investimento quindi
deve essere di breve durata ed occorre rivendere prima che il mercato
si accorga che la quotazione è troppo alta; la rapidità dell’ascesa
delle quotazioni di un artista può essere un sintomo che non tarderà
il raggiungimento dell’apice, a cui seguirà una fase di discesa
repentina. In Italia, abbiamo assistito negli ultimi decenni
all'entrata delle banche nel novero dei collezionisti. Nella maggior
parte di questi casi, è un collezionismo di prestigio, per
accrescere la percezione positiva dell'immagine dell'impresa nella
società oppure per diversificare gli investimenti. La quasi totalità
degli esperti esclude che negli investimenti degli istituti bancari
nell'arte vi sia un'azione speculativa, visto che non si è assistito
ad operazioni di vendite clamorose.
Il Banco di Napoli fin dalla sua fondazione ha accettato che le
famiglie indebitate ottenessero prestiti a fondo perduto dietro
consegna di opere alla banca. Sono così entrati nel suo patrimonio
dipinti di Luca Giordano, Francesco de Mura, Giuseppe de Nittis,
Vincenzo Gemito. Per la sua sede newyorkese acquistò negli anni
Ottanta, sfruttando le leggi sulle detrazioni fiscali statnitensi,
opere più contemporanee di Pistoletto, Boetti, Pisani, Paolini,
mentre nella sede di Napoli sono conservate le opere di Warhol,
Schifano, Paladino e altri. Questo esempio è stato seguito anche da
altre banche, tra cui la Banca Commerciale Italiana,
che ha raccolto una buona collezione di artisti italiani, con
attenzione per l’Informale e l’Arte Povera. La raccolta del
Gruppo Unicredit presenta oltre 60.000 opere, da reperti antichi a
capolavori dei grandi maestri del passato come Tintoretto, Goya,
David.
Il collezionismo d'impresa nasce negli Stati Uniti negli anni
settanta, dove dilagano le cosiddette Corporate art collections. In
Francia troviamo il caso Renault che aprì la fabbrica
automobilistica al genio di giovani artisti e finanziò il Beaubourg
noto come Centre Pompidou, che è stato costruito architettonicamente
copiando gli impianti industriali. In Italia le fondazioni di imprese
non hanno vantaggi fiscali e la loro funzione, quando non è
obbligatoria per legge, hanno la funzione di migliorare l'immagine
dell'impresa, come la fondazione Prada e quella di Trussardi. Oltre
alle collezioni, queste fondazioni hanno agito anche
nell'organizzazione di mostre di livello internazionale,
principalmente a Milano e Venezia.
I fondi di investimenti in arte non hanno attecchito in Italia.
L'idea di indicizzare il mercato dell'arte come avviene in borsa è
nata negli Stati Uniti da due ricercatori dell'Università di New
York. L'arte diventa una pura merce di scambio. Fondi di investimento
nell'arte si sono avute anche a Londra e Parigi. Il sistema messo in
piedi sembrava funzionare al meglio, perché i fondi, comprando
grandi stocchi di opere, avevano maggiori opportunità e meno spese e
commissioni, ma l'esperienza ha dimostrato il contrario, a causa dei
forti conflitti d'interesse tra gli attori e l'imprevisto andamento
del mercato e si sono rivelati una vera trappola per topi. In Italia,
lo stesso presidente della Consob, Guido Rossi, noto collezionista
d’arte, ha sconsigliato i piccoli risparmiatori di investire nei
fondi d'arte, per la poca trasparenza e per la situazione quasi
naturale di conflitto di interesse degli intermediari.
I musei:
I musei, nati come luogo di raccolta di collezioni provenienti da
privati, chiese, municipi o palazzi reali, si sono trasformati nel
corso del tempo, ricorrendo agli acquisti e, in tempo di vacche
magre, alle donazioni ed al deposito di lungo termine. La maggior
parte dei musei italiani sono pubblici ed hanno una gestione
burocratica statica ed elefantiaca, dove i costi della struttura
assorbono una gran percentuale dei loro bilanci, riducendo il margine
di investimenti nell'acquisto di opere d'arte.
La gestione privata dei musei statunitensi ha creato di queste
istituzioni delle imprese commerciali che sfruttano gli spazi museali
per altre attività collaterali come sale congressi, editoria,
librerie, gadgets, stampe d'arte, bar e ristoranti. Questo schema è
stato introdotto di recente con il sistema delle concessioni, anche
in alcuni musei italiani.
Le gallerie:
L'artista per affermarsi ha bisogno di una rete di contatti che
riguardano figure diverse e ciascuna ha il suo ruolo professionale
ben definito. Non basta la vena artistica, la capacità tecnica e
l'inventiva creativa per fare di un produttore di immagini un artista
famoso. La prima figura che si incontra, oltre al collezionista
singolo, è il gallerista, che possiede una sede espositiva, una rete
di contatti di potenziali acquirenti e una spiccata capacità di
annusare i gusti del momento e di poterli manovrare tramite i
rapporti con la stampa e con accademie, musei e università. Questa
azione di promozione è fondamentale per accrescere la notorietà di
un artista, prima a livello locale, poi a quello nazionale o
internazionale. Le scuole e le tendenze artistiche sono nate e si
sono affermate grazie anche alla circolazione delle idee che le
gallerie hanno messo in atto. Questo impegno non è certamente un
amore platonico, ma è un rapporto basato solidamente sul profitto.
Il gallerista intrattiene infatti dal 30 al 50% del valore di vendita
dell'opera e normalmente le opere sono prese in conto vendita senza
sborsare anticipatamente le somme. Inoltre il gallerista garantisce
all'artista un numero minimo di opere vendute nell'anno in cambio
dell'esclusiva. L'artista in questo caso avrà un anticipo mensile
garantito, ma non potrà, per il periodo stabilito per contratto,
vendere direttamente le proprie opere.
Il gallerista che fiuta il genio artistico di un suo giovane autore,
investe su di lui in termini di circolazione delle sue opere nelle
mostre, in cataloghi, in presentazioni con giornalisti e critici
d'arte. Un'operazione di promozione e di creazione d'immagine per
accrescere il numero dei potenziali acquirenti. Azioni queste che un
giovane autore difficilmente riesce a realizzare in modo
professionale e con buoni risultati. Sono poche le gallerie che
contano veramente in questo sistema, le cosiddette gallerie
superstar, che costituiscono il vertice del mondo dell’arte
contemporanea e determinano le tendenze dominanti. La strategia
economica è quello del controllo di tipo monopolistico della
produzione degli artisti già affermati o emergenti, che determina
una difesa rigida dei prezzi, che sono sempre più spesso molto alti,
sin dalla partenza. Queste gallerie hanno una penetrazione nel
mercato ampio attraverso le filiali aperte in tutto il mondo oppure
attraverso accordi commerciali con gallerie locali diffuse in tutto
il mondo, in una sorta di merchandising. Le regioni di nuova
espansione sono l'Asia e il Medio Oriente.
Il mercato dell'arte si divide in uno primario e in quello
secondario. Il primo è fatto di grandi gallerie e collezionisti che
hanno un contatto diretto con i loro artisti. Sono loro a determinare
le quotazioni di partenza e le tendenze artistiche cosiddette di
brand. Il mercato secondario invece è costituito da una miriade di
piccole e medie gallerie che acquisiscono le opere dal mercato
primario, per poi metterlo in circolazione.
La strategia di guadagno del gallerista tradizionale è acquisire in
conto vendita il maggior numero possibile di opere: il suo scopo è
perdere poco sugli artisti emergenti e guadagnare attraverso la
vendita di nuovi lavori di artisti affermati. Il primo gallerista che
ha codificato queste strategie è stato Leo Castelli, nato a Trieste,
stabilito prima a Vienna e poi a New York e ha operato anche a
Parigi.
Le aste:
le aste nascono a Londra nel '700. Le due rivali insuperate sono
Christie’s e Sotheby’s la prima fondata nel 1744 e la seconda nel
1766. Contendono con le loro filiali sparse in tutto il mondo, l'80%
delle vendite d'arte. Hanno il monopolio assoluto della vendita delle
opere che superano il prezzo di un milione di dollari.
In Italia, oltre alle filiali di Sotheby’s e Christie’s, la
principale casa d’asta era la milanese Finarte Semenzato, nata nel
1959 e recentemente fallita. Nel panorama italiano sono nate diverse
altre case d'asta minori, che hanno prevalentemente un carattere
cittadino (Milano, Venezia, Roma, Napoli, ecc...) A questo si
aggiunge il fenomeno delle vendite per TV e in Internet. Operazioni
queste che hanno avuto un limitato successo e si sono dedicate ad un
pubblico generico di consumatori di prodotti artistici per persone di
bocche buone. Acquistare un'opera d'arte soltanto dopo aver visto la
sua foto sullo schermo televisivo o su un sito Internet non potrà
mai essere un'azione compiuta da collezionisti esperti. Inoltre
questo tipo di aste è soggetto a ricorrenti truffe o turbativa di
mercato, con delle offerte fasulle, operate da chi gestisce senza un
reale controllo, per alzare il prezzo di vendita. Inoltre non ci sono
le condizioni minime di affidabilità sull'autenticitò ed integrità
del prodotto messo in vendita. Di questi fenomeno non sono esenti
neanche le aste tradizionali, dove in sala c'è il pubblico dei
potenziali acquirenti.
In Italia le vendite di opere d'arte nel mercato ufficiale, si
attestano sui circa 160 milioni di euro, l'80% tramite le aste. Gli
artisti più quotati (dati del 2011) rimangono gli inossidabili Piero
Manzoni, Lucio Fontana e Giorgio Morandi. Le vendite delle loro opere
sono state però realizzate principalmente all'estero.
Strutture di promozione:
Le fiere d’arte sono la vincita della dimensione commerciale
rispetto a quella culturale. Migliaia di stand dove le opere sono
ammassate alla visione di un grande pubblico di normali curiosi, ma
anche di collezionisti. Le Gallerie normalmente affittano gli spazi
per promuovere i loro giovani artisti e organizzare mostre personali
ed eventi culturali per i nomi affermati nel loro portfolio. La loro
nascita risale al 1967 in Colonia in Germania a Basel in Svizzera,
per poi approdare a Miami negli Stati Uniti, dove attualmente si
tiene la più importante fiera d'arte al mondo. Ogni mese c'è da
qualche parte nel mondo una fiera d'Arte. In Italia la più
importante è l’Arte Fiera di Bologna, che si svolge a fine
gennaio. La partecipazione è ad invito e su selezione. Oltre alla
fiera, da alcuni anni è nata l’iniziativa Art First, che per un
mese vede i luoghi storici della città ospitare le opere e le
installazioni di alcuni artisti presentati dalle gallerie
partecipanti alla fiera. Iniziativa simile agli spazi e agli eventi
collaterali della Biennale di Venezia. A Milano c’è MIART, mentre
Artissima si svolge a Torino.
Mostre:
La più importante e conosciuta al mondo, nonché la più antica, è
La Biennale di Venezia, nata nel 1895 e che ha come sede principale i
Giardini Napoleonici (dove ogni nazione ha il proprio Padiglione) e
un’altra nelle Corderie dell’Arsenale. Moltissime altre
manifestazioni e mostre collaterali si susseguono anche in altri
palazzi delle città, durante tutto il periodo della mostra. Per gli
artisti, essere invitati ad esporre al Padiglione nazionale
rappresenta la principale occasione per accedere a una vetrina
internazionale, oltre a un titolo che migliora la posizione nel
mercato.
In tutte le città italiane sono nate iniziative imitative della
Biennale che però hanno un carattere commerciale, perché la
partecipazione non è ad invito o a selezione, ma a pagamento con
delle rette abbastanza salate, in cambio di una esigua visibilità.
La promozione:
critica:
Un canale importante per la promozione di un artista e dare
visibilità alla sua produzione, oltre alle mostre personali o le
collettive, sono gli articoli dei critici in riviste specializzate di
settore, i cataloghi ragionati, i cataloghi delle mostre.
Il nonno dei critici si potrebbe nominare il Vasari. fu il primo ad
adottare una terminologia corretta per formulazione di giudizi di
gusto. Poi la palla è passata alla Francia con la nascita di riviste
dedicate all'arte. Nel panorama attuale italiano la critica si
potrebbe dividere in quella militante e in quella teorica di valore.
La prima è una critica partigiana che è formata spesso da
giornalisti o dagli stessi artisti e galleristi che difendono a spada
tratta una loro idea di arte, promuovendo le correnti affini. La
seconda invece è composta da professori universitari e delle
accademie e la loro produzione è espressa nella didattica oppure in
convegni e pubblicazioni. Il mondo della critica è pieno di falsi
predicatori, che si riducono al ruolo di scrivani a pagamento,
sfruttando il loro ruolo nelle redazioni per vendere un po' di fumo
negli occhi.
I critici curatori invece sono una figura che non si limita soltanto
all'esposizione scritta, ma si impegnano nelle strutture dell'arte
come le gallerie e i musei, lavorando per la promozione delle nuove
tendenze di arte giovanile.
Le riviste:
le prime sono state italiane e francesi. In Italia le più
importanti erano “La Voce”, fondata nel 1908 da Giuseppe
Prezzolini e Giovanni Papini;
“Poesia”, fondata nel 1905 da Marinetti;
“Lacerba”, edita dal 1913 al 1915 e diretta da Papini e Soffici;
“Noi”, diretta da Enrico Prampolini (1917-1925);
“Valori Plastici” (1918-1922), diretta dal pittore e
collezionista Mario Broglio.
“Il Bollettino del Milione” era una rivista nata negli anni
Trenta edita da una galleria omonima.
Nel dopoguerra, accanto a piccole riviste come Forma (19471951),
legata al movimento astrattista da cui prende il nome, oppure Azimuth
(1956), pubblicata da Piero Manzoni ed Enrico Castellani, fu edita a
Milano nel 1967 la rivista Bit, diretta da Daniela Palazzoli, mentre
nel 1968 il gallerista Fabio Sargentini pubblicò Carta Bianca,
diretta da Alberto Boatto.
Il 1967 fu anche l’anno della nascita di una delle riviste più
autorevoli e conosciute, anche a livello internazionale, ovvero Flash
Art, fondata, edita e diretta da Giancarlo Politi.
La pubblicistica sul web è infinita e qui merita di essere
menzionata Exibart che è nata digitale ma poi divenne
un'edizione cartacea, che vanta migliaia di collaboratori, quasi
tutti gratuiti, su tutto il territorio nazionale.
A queste iniziative editoriali si aggiunge le case editrici
specializzate in libri d'arte e cataloghi. Le più importanti nel
panorama italiano sono Electa, Mazzotta, Allemandi, Skira, De Luca,
Giorgio Mondadori, Charta (recentemente fallita), Fabbri, Marsilio,
che nella maggioranza dei casi pubblicano anche collane di libri,
monografie, cataloghi ragionati. Queste case editrici fanno grandi
affari anche quando ottengono la gestione del bookshop e della
pubblicazione del catalogo di un’importante manifestazione, come
per esempio la Biennale di Venezia, o di importanti musei, o punti
vendita nelle città, come capita per Mondadori, Giunti ed Electa.
Gli editori quando ottengono la pubblicazione del catalogo di una
mostra si comportano come editori puri, cioè pubblicando il volume a
proprie spese, perché sicuri di guadagnarci, oppure sono
prefinanziati dagli enti organizzatori, tramite l’acquisto
garantito di un certo numero di copie.
In un mondo di sciacalli del profitto, chi fa arte per passione e
cultura e che è giusto che aspiri a trovare un mercato per la
propria produzione artistica, ha soltanto la scelta
dell'auto-organizzazione in solido con i propri simili. Unirsi nella
sana competizione per creare un clima positivo e atto a valorizzare
il merito e non soltanto l'apparenza o il prodotto di moda.
Fonti e bibliografia:
Francesco “Il sistema dell'Arte” - ed. La Terza 2008;
Angela Vattese, “Investire nell'arte” - Libri del Sole 24 Ore,
1991;
Annuari delle case d'asta 2006 -2007 -2008 -2009 -2010 -2011;