giovedì 24 novembre 2011

Transavanguardia, una mostra a Milano.

Da oggi e fino al 4 marzo 2012 si terrà a Palazzo Reale a Milano la mostra La Transavanguardia Italiana a cura di Achille Bonito Oliva con i protagonisti del movimento: Sandro Chia, Francesco Clemente, Enzo Cucchi, Nicola De Maria e Mimmo Paladino.
Il progetto comprende un ciclo progressivo di sei mostre dedicato al movimento che ha avuto la propria consacrazione ufficiale nella 39ª Biennale di Venezia, segnando un punto di rottura con le ricerche minimaliste, poveriste, processuali e concettuali che avevano dominato gli anni sessanta e settanta.
La mostra ruota attorno ad alcune tematiche comuni: il ritorno alla manualità della pittura, il narcisismo dell’artista, il doppio e l’altro, la violenza, la natura, l’incertezza della ricerca, l’inconscio, l’immagine tra disegno e astrazione, tra bi e tridimensionalità. Raccoglie in tutto 66 opere.

Per saperne di più, visita il sito della mostra


La deriva del vaso, 1984, Enzo Cucchi

Sulla Stampa di oggi, leggiamo questo articolo di Rocco Moliterni:

“La Transavanguardia ha risposto in termini contestuali alla catastrofe generalizzata della storia e della cultura»: così Achille Bonito Oliva (gli piace farsi chiamare ABO), il critico che nel 1979 lanciò in Italia il movimento, ne sottolineava tempo fa l’importanza. E oggi che una crisi non meno drammatica di quella degli Anni 70 squassa l’Italia, lui rilancia, nel centocinquantenario dell’Unità, con una grande mostra al Palazzo Reale di Milano (catalogo Skira) che si apre giovedì. L’accompagna una «Costellazione Transavanguardia» che inanella rassegne in sei città oltre a una miriade di incontri e dibattiti: coinvolgeranno critici e storici dell’arte ma anche filosofi come Vattimo (sarà protagonista di un confronto al Castello di Rivoli il 5 dicembre), Cacciari, Marramao e Rella.

Nel 1979, con un saggio su Flash Art, Bonito Oliva definiva la Transavanguardia «superamento del puro materialismo di tecniche e nuovi materiali» (in questo era evidente la frecciata all’Arte Povera dell’eterno amico-nemico Germano Celant) e come «recupero dell’inattualità della pittura, intesa come capacità di restituire al processo creativo il carattere di un intenso erotismo, lo spessore di un’immagine che non si priva del piacere della rappresentazione e della narrazione». Cinque erano gli artisti che incarnavano questo programma teorico: Sandro Chia, Francesco Clemente, Enzo Cucchi, Nicola De Maria e Mimmo Paladino. La prima apparizione dei cinque fu alla XIII rassegna d’arte di Acireale, ma la consacrazione si ebbe l’anno dopo a Venezia ad «Aperto 80», la mostra curata da ABO per la Biennale. «All’utopia internazionalista del modernismo e alla sua coazione al nuovo - spiega il critico - la Transavanguardia oppone il genius loci del singolo artista, ossia il territorio antropologico dell’immaginario individuale, nonché l’esercizio disinvolto del nomadismo culturale e dell’eclettismo stilistico, che si nutre di memoria del passato e di citazioni dalla storia dell’arte, contribuendo in tal modo al più generale processo di rielaborazione della Storia e della soggettività avviato negli Anni 80 dal pensiero post-moderno».

Grazie al successo veneziano e anche a una più generale sensibilità neo-espressionista che attraversava in quel momento il mondo dell’arte in Europa come in America, la Transavanguardia, con i suoi dipinti dai colori accesi e i riferimenti a un immaginario ora mitologico ora naïf, ebbe grande risonanza. Con il Futurismo e l’Arte Povera rimane a tutt’oggi uno dei pochi movimenti italiani del ‘900 a essersi affermato a livello internazionale: a trattare i suoi artisti che raggiunsero presto quotazioni a più zeri erano anche gallerie svizzere, londinesi o americane.

Ben presto però gli artisti presero strade diverse, Clemente andò in America e lavorò con Basquiat e Warhol (il che l’ha reso il più quotato sul mercato), De Maria preferì rimanere nella sua Torino convivendo con i poveristi, Chia, rilanciato da Luca Beatrice alla Biennale 2009, vive tra Montalcino e l’America, Paladino coltiva le sue radici campane, Cucchi non rinuncia al nomadismo. La kermesse che si apre giovedì, servirà a capire cosa c’è ancora di vivo nel movimento, ma si può anche leggere come l’ennesimo capitolo del duello di ABO con Germano Celant, che proprio quest’anno ha rimesso sotto i riflettori l’Arte Povera.

Rocco Moliterni

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