mercoledì 11 settembre 2013

Alchimia della Bellezza: "Chi è l'artista, oggi?"


 Pubblichiamo qui sotto il testo integrale dell'intervento dell'Ing. Farid Adly, presidente dell'ACM, nonché giornalista e scrittore, pronunciato durante l'evento culturale del 7 Settembre 2013 alla sala consiliare del Comune di Acquedolci (Me):


Che cos’è l’Arte (con la A maiuscola)?

E’ la domanda che si sono posti artisti, storici e critici dell’arte. E prima di loro i filosofi.

Sono andato a leggere l’Enciclopedia:

L’arte, nel suo significato più ampio, comprende ogni attività umana – svolta singolarmente o collettivamente – che, poggiando su accorgimenti tecnici, abilità innate e norme comportamentali derivanti dallo studio e dall’esperienza, porta a forme creative di espressione estetica. Nella sua accezione odierna, l’arte è strettamente connessa alla capacità di trasmettere emozioni, per cui le espressioni artistiche, pur puntando a trasmettere “messaggi”, non costituiscono un vero e proprio linguaggio, in quanto non hanno un codice inequivocabile condiviso tra tutti i fruitori, ma al contrario vengono interpretate soggettivamente. Indubbiamente , pero’, esiste un linguaggio oggettivo che prescinde dalle epoche e dagli stili e che dovrebbe essere codificato per poter essere compreso da tutti .
Fine della citazione.

Parole generiche e una definizione asettica, un giro di parole, che non soddisfano la curiosità di comprendere, che nasce in ciascuno di noi di fronte ad un’opera e non tengono conto, inoltre, del dibattito storico sul tema.

Senza scomodare i filosofi greci che ci hanno lasciato riflessioni interessanti sull’Estetica, sull’arte come Mimesi, imitazione della natura, e sul ruolo dell’arte nel trasformare l’animo degli esseri umani (il bello suscita la bontà), possiamo affermare che il primo intellettuale moderno a porre la questione dell’arte, in senso generale e non soltanto di quella visiva, è stato Tolstoi: ”Che cos'è l'arte?”, scritto e pubblicato nel 1897.

Nella sua opera, Tolstoj polemizza con le forme artistiche più elaborate e complesse, affermando che «l'arte buona è sempre comprensibile a tutti». La vera arte, secondo Tolstoj, suscita un positivo «contagio», ovvero «quel sentimento, completamente differente dagli altri, di gioia nell'unione spirituale con un altro (l'autore) e con altri ancora (gli ascoltatori o spettatori) che contemplano la stessa opera». L'arte «deve sopprimere la violenza» e «fare in modo che i sentimenti di fraternità e amore per il prossimo, oggi accessibili solamente agli uomini migliori della società, diventino sentimenti abituali, istintivi in tutti».

Chiedersi cos'è l'arte è una domanda alla quale, di volta in volta, di epoca in epoca, sono state date risposte che riflettevano le condizioni sociali, politiche ed economiche del momento. Le scoperte scientifiche e tecniche hanno introdotto altre difficoltà per chi ha tentato di delimitare il problema.

Per poter abbozzare una risposta, si dovrebbe fare una ricognizione sull’Estetica moderna, dall’inizio dell’Ottocento quando Baumgarten ne coniò il termine in poi. Una ricognizione che esula dal nostro compito di oggi, per l’opportunità della leggerezza e le necessità di tempo.   Se l’estetica filosofica ha ricondotto l’esperienza dell’arte al mero apprezzamento del bello, l’estetica moderna, invece, ha canalizzato tutta la ricchezza del sentimento  nella dimensione del giudizio di gusto.  

L’arte è come il linguaggio; è una caratteristica dell’essere umano. Gli altri viventi non esprimono capacità e attitudini simili. Nello stesso tempo, come il linguaggio per  il pensiero, l’arte è uno strumento di comunicazione. In questo caso la comunicazione di sentimenti. Se assumiamo come vera questa asserzione, possiamo dedurre che, oltre alla mera apparenza estetica e al di là dei condizionamenti del mercato, l’arte è la trasmissione di sentimenti, dall’artista nella sua opera e dall’opera agli spettatori.

Non tutti gli esseri umani hanno la capacità, se vogliamo il dono, di poter utilizzare questo linguaggio, cioè essere artisti. Ma a nessuno è precluso provarci. Come esattamente per la facoltà di parola, non tutti gli alfabetizzati sono scrittori o poeti, ma nessuno ha il diritto di impedire ad alcuno di parlare e scrivere.

L’arte in effetti non è un prodotto del singolo, ma una realizzazione collettiva. Come ogni comunicazione, c’è bisogno di un emittente e un ricevente e, quindi, il singolo in sé è incapace di produrre arte, se non ci fossero gli altri a riceverla. Come ogni opera, il quadro, la scultura, la foto o ogni altra forma moderna dell’arte, una volta realizzata non è più proprietà dell’autore, ma dello spettatore, di chi la guarda e ammira. Quando un’opera è riconosciuta da un’ampia platea di osservatori, sopravvive al suo autore. E’ eterna e rende eterno il suo plasmatore, non necessariamente come persona singola.  Le pitture rupestri di Lascaux in Francia, di Altamira in Spagna oppure di Akakus nel Sahara libico sono una testimonianza della dimensione culturale dell’essere umano anche nella preistoria e prima ancora dell’invenzione della scrittura. In quei disegni stilizzati di bisonti e giraffe, l’uomo e la donna primitivi ci hanno comunicato, 10 mila anni dopo, una testimonianza della loro vita quotidiana, che altrimenti non sarebbe stata esplorata e compresa. L’artista dotato di una vena creativa assume così un ruolo sociale ed una responsabilità storica.

Questa conclusione la possiamo affermare per tutte le successive civiltà, da quella egizia, a quella greca e romana, per rimanere nel bacino del Mediterraneo; ma anche di quella indiana e cinese e delle due Americhe: il livello dello sviluppo culturale di quelle società è espresso dalle loro arti, intese in senso generale di manufatti, strumenti di lavoro, arredo per la casa, vestiario, architettura, ecc…
Per ogni civiltà e in ogni epoca, ci sono stati uomini che hanno eccelso, ma la loro eternità è la somma di tanti altri contributi collettivi. Il prodotto artistico scaturisce da un atto creativo dell'artista, colui che da antico artigiano a genio per antonomasia ha attraversato, nella storia, tutti i ceti sociali. Quando al frutto di questo atto creativo vengono attribuiti anche giudizi di valore esso diventa arte. La nascita dell'arte, infatti, determina la nascita culturale dell'uomo, a sua volta costruito dalla sua stessa cultura entro un processo dinamico che conduce sino ai nostri tempi moderni, percorrendo un’ esperienza di vita antica, ma sempre nuova e rinnovabile ove l'arte si pone come una caratteristica intrinseca universale dell’essere umano. Le arti visive, la musica, il canto non conoscono infatti confini. Di fronte all’Urlo di Munch e a Guernica di Picasso, ogni essere umano, di ogni latitudine e di ogni generazione, è scosso dalle vibrazioni emozionali di rabbia e di angoscia, che quei lavori gli trasmettono, anche senza saperne il percorso e il contesto storico e al di là dei canoni estetici del momento vissuto dall’osservatore . Pablo Picasso sosteneva che “l’arte è la menzogna che ci consente di comprendere la verità”: non è l’oggetto artistico ad esprimere un valore concettuale, eppure attraverso d’esso l’idea si mostra e si concretizza.

C’è stato anche chi demoralizzato dal profilarsi di una società sempre più inumana, animata dall’etica del profitto, ha considerato l’arte come l’unico mezzo per sfuggire al dolore insito nella realtà (Shopenhauer),  o chi ha inteso l’arte più che altro come un’ “intuizione lirica”, parte da un sentimento e si concretizza successivamente in un’immagine (Benedetto Croce).

Ma c’è anche un’altra deriva dell’arte durante il periodo dell’industrializzazione e della formazione della classe capitalista, quella della cosiddetta “smitizzazione” del prodotto artistico, scorgendo nell’arte una possibile e vincente espressione della tecnica. Ed è proprio quest’ultimo modo di intendere l’arte che verrà ripreso ed ampliato durante il Novecento con il profilarsi delle “Avanguardie Storiche” e quindi movimenti artistici come il Cubismo, il Futurismo, l’Astrattismo, il Dadaismo etc. 

L’arte nello sviluppo capitalistico della società si è talmente dissociata dalla vita che per riconoscerla e
apprezzarla sono necessari codici e istruzioni non solo specifici, ma anche particolarmente stravaganti e inverosimili. Il mercato distorce e corrompe l’anima. Sotto gli occhi di tutti appare oggi l’arbitrarietà delle regole vigenti nel “mondo dell’arte”, che si sono arenate sulla supremazia del profitto e condizionate dall’inganno del critico a pagamento e della pubblicità.

L’arte nella mia concezione è un prodotto collettivo e l’artista esiste perché è riconosciuto tale dalla sua società. Qua e ora! Non dopo la morte. Ecco perché l’individualismo dell’artista èuna condizione necessaria per l’affermazione dell’Ego creativa, ma che non sarebbe sufficiente alla sua elevazione, se non ci fosse il confronto e la collaborazione con gli altri, artisti o comuni esseri umani, in un processo culturale durante il quale diverse figure contribuiscono alla crescita di tutti.

Un esempio di artista è colui che stiamo festeggiando oggi i suoi 80 anni. Salvatore Morello è un artista vero, proprio nel senso tolstoiano, un “artista popolare”, che per lunghi anni non ha scoperto la vena artistica che serbava in seno. Soltanto all’età di 48 anni, e per circostanze fortuite, ha preso in mano il pennello e spalmato i colori sulla tela. Ma vi assicuro che le opere che aveva realizzato quando era – come dice lui – contadino allevatore, sono autentiche opere artistiche. Intagliava oggetti di legno, di uso comune, per la cucina e per il lavoro, abbellendole con bassorilievi, che testimoniano sue capacità inestimabili. Ho visto recentemente a San Fratello, un dono che ha fatto a sua sorella per il suo matrimonio, una tavola di legno incisa, con scene di corteggiamento raffiguranti un cavaliere e una donna e altre figure, in una specie di fumetto tridimensionale ante letteram. Un’opera, per fortuna, gelosamente e consapevolmente costudita dalla proprietaria, sia per il suo valore affettivo sia per quello artistico.

L’arte di Salvatore Morello è annoverata tra quelle figurative, incline all’ingenuo, altrimenti detto con termine colto, francesizzante: naif. Non rispetta la prospettiva e le dimensioni degli oggetti, ma coglie la natura delle cose e la arricchisce con una fantasia esplosiva, come in quei suoi tramonti e aurore meravigliose che sprigionano, allo stesso tempo, luce e tenebre.

Salvatore Morello è un artista legato fortemente alla sua fede religiosa e questo suo sentimento lo tramanda sulla tela con opere dirette, come l’immagine di Gesù crocifisso e sofferente, sia con la lode dell’incanto della natura, con una spasmodica attenzione al particolare, che rasenta la miniatura.

Un terzo filone della produzione morelliana è la tradizione perduta dei mestieri e ambienti della società contadina e pastorizia.

Una dimensione umana di Salvatore è il suo lato socievole e solidale. E’ un uomo che non si risparmia per servire gli altri. Ha sempre messo la sua arte al servizio dell’impegno. Ha donato suoi quadri per la raccolta di fondi a favore dei bambini africani e palestinesi e un suo quadro ci ha permesso di coprire una parte delle spese per realizzare il murales Dino Sauro, nella salita della stazione ferroviaria.

Questo omaggio che gli facciamo è il minimo riconoscimento che una società possa assegnare ad uno dei suoi figli migliori, con l’augurio di altri ottant’anni.    
  
Farid Adly
Acquedolci (Me), 7 Settembre 2013



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